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Design Thinking e User Experience

Una relazione necessaria

 

Cosa sono il Design Thinking, la UX e quali sono le regole da applicare nella realizzazione di un app mobile

Nel precedente articolo, abbiamo analizzato qualche numero utile a capire l’importanza delle app per le imprese ed i servizi e quale approccio Var Prime adotta nella realizzazione dei suoi prodotti mobile, partendo proprio dal Design Thinking funzionale.

Cos’è il Design Thinking?

Per Design Thinking si intende l’insieme dei processi cognitivi, strategici e pratici utili nella progettazione di prodotti, in questo caso digitali. È un modello inizialmente adottato da agenzie e studi di design, oggi applicato in maniera trasversale in diversi ambiti come approccio progettuale volto alla risoluzione di problemi complessi attraverso visione e gestione creative, tanto da spingere diverse importanti società di consulenza ad effettuare acquisizioni proprio di studi ed agenzie nate con questo scopo.

Esistono varie definizioni ed approcci, in quella che è una strategia emergente e quindi ancora molto soggetta alle interpretazioni, ma c’è un processo che forse meglio si adatta alla realizzazione dei prodotti digitali

Le fasi del processo di Design Thinking

  • Empatizzare: Il primo passo è comprendere chi è l’utente e quali sono le sue necessità. Questo significa osservare senza preconcetti e mettendo da parte le proprie ipotesi, cercando di creare una connessione a livello psicologico ed emotivo e magari provando ad anticipare alcune problematiche che l’utente potrebbe non riscontrare nell’immediato
  • Definire: Con le informazioni raccolte nella prima fase, è possibile definire quale sia il “problema” che si vuole risolvere. Proprio partendo da questa definizione ed individuando le difficoltà che gli utenti stanno incontrando, che si può pensare a delle soluzioni.
  • Ideare: Dopo un’attenta comprensione della tipologia di utente e con una chiara definizione del problema, è possibile passare al vero e proprio processo creativo, cercando di raccogliere quante più idee possibili da diverse angolature. I designer hanno a disposizione una grande varietà di tecniche, che meriterebbero un approfondimento dedicato (mindmapping, bodystorming o scenari di ruolo e provocazioni con la tecnica del pensiero laterale, giusto per citarne alcuni oltre al brainstorming).
  • Prototipare: Le idee si trasformano in soluzioni tangibili, anche se in forma ridotta e l’utente dovrebbe già poter interagire con il prototipo in modo che le soluzioni proposte possano essere accettate, migliorate, riprogettate o rifiutate.
  • Testare: Il momento in cui gli utenti testano il prototipo, non rappresenta quasi mai la fine del processo. In questa fase di interazione, infatti, i risultati dei test spesso ti riporteranno a un passaggio precedente, fornendo le informazioni necessarie per ridefinire la proposta di partenza o per elaborare nuove idee.

È importante partire dal presupposto che il Design Thinking non è un processo lineare e può assumere forme diverse a seconda della natura delle aziende coinvolte, delle sfide e degli obbiettivi del progetto.

A questo proposito, l’Osservatorio dell’innovazione digitale del Politecnico di Milano ha individuato in un report dedicato, quattro tipologie di Design Thinking:

  • Creative Problem Solving – Si tratta della metodologia più diffusa, con la quale le imprese innovano comprendendo i bisogni dell’utente e immaginando più soluzioni possibili per rispondere alle sue esigenze.
  • Sprint Execution – L’obbiettivo di questo metodo è realizzare un prodotto da lanciare sul mercato, attenendosi alle esigenze degli utenti. La rapidità della prototipizzazione è uno dei punti cruciali
  • Creative Confidence – approccio molto utilizzato, con un’ambizione abbastanza chiara: stimolare l’imprenditorialità all’interno delle imprese, coinvolgendo le persone per dare loro maggiore spazio
  • Innovation of meaning – le imprese ridefiniscono la visione aziendale e i valori legati ai prodotti e ai servizi che offrono. Si tratta di un approccio che ha come obiettivo apportare valore sia all’organizzazione che le promuove che all’utente finale.

E la User Experience?

Per gli amici UX, la User Experience, partendo dalla definizione fornita proprio dallo standard ISO 9241-210, è l’insieme di risposte e percezioni di una persona che risultano dall’utilizzo o dal passato utilizzo di un prodotto, un sistema o un servizio.

Non bisogna confondere questo termine con l’UI, o interfaccia utente, che invece rappresenta solo ciò che l’utente vede e gli elementi con cui interagisce all’interno del prodotto, ma riguarda invece qualsiasi fase di contatto tra l’utente ed il prodotto stesso.

Come spiega Don Norman, ingegnere esperto di scienze cognitive

“Pensa alle diverse fasi di un prodotto o servizio, dalle intenzioni iniziali alle riflessioni finali, dal primo utilizzo ad assistenza, servizio e manutenzione. Devi fare in modo che questi elementi lavorino tutti insieme e con continuità”

Quindi è un elemento in continua evoluzione, che cambia in base alle interazioni, all’inserimento all’interno dei flussi di lavoro e si evolve insieme all’utente e al suo utilizzo.

Il design della UX deve quindi:

  • Concentrarsi sull’intero percorso evidenziano il valore della soluzione, rendendolo prima di tutto accessibile e facilmente rilevabile.
  • Stimolare il coinvolgimento e l’utilizzo del prodotto con un’esperienza iniziale chiara e fluida ed una comprensibilità della gerarchia al suo interno.
  • Continuare a perfezionare le interazioni, man mano che il prodotto stesso matura

I principi della UX per le App Mobile

Vista la continua diffusione e necessità di avere prodotti fruibili anche da uno schermo a 4 pollici, anche la UX per app mobile è soggetta a regole ben precise che si stanno formulando nel tempo, in base al crescente interesse verso questo tipo di interfaccia che non deve risultare una mera trasposizione in piccolo della versione a schermo intero, ma seguire altre logiche.

Di seguito alcuni utili suggerimenti e linee guida, raccolti tra diverse aziende, report ed articoli di settore specifici dedicati alla UX per app mobili:

  1. Rendere l’esperienza utile ed intuitiva, riducendo al minimo gli sforzi ed i gesti che deve compiere l’utente per raggiungere il suo obbiettivo nell’app, suddividendo le informazioni principali in blocchi e nascondendo quelle secondarie, senza sovraccaricare l’utente di troppi input ed inserendo setting predefiniti. Consentire all’utente di riprendere il lavoro in un secondo momento per non perdere la flessibilità tipica dello smartphone.
  2. Alleggerire le interfacce utenti come già specificato nel punto precedente è meglio rimuovere dall’interfaccia principale, gli elementi non necessari all’attività dell’utente, sfruttando le schede come strumento per visualizzare contenuti. Inserire spazi bianchi e di “respiro” aiuta ad attirare l’attenzione sui contenuti importanti. È meglio usare sempre parole e termini familiari piuttosto che specifici, con un carattere tipografico funzionale e in varie dimensioni, almeno di 11 punti, in modo che le scritte siano leggibili senza zoomare. Meglio inserire contrasto minimo di 4,5:1 per il corpo del testo e il testo dell’immagine.
  3. Semplificare la navigazione Icone e altri elementi grafici dovrebbero aiutare gli utenti a comprendere le opzioni del menu. L’app deve essere “Thumb-friendly” per poter essere utilizzata nella maggior parte delle posture possibili e in funzione anche delle diverse dimensioni degli schermi, posizionando azioni “distruttive” in un punto poco accessibile da un click accidentale, mentre le azioni principali devono essere raggiungibili dal pollice.

E’ importante posizionare in modo visibile la funzione di ricerca e ridurre i tempi di attesa dei risultati, rendendo l’app veloce e reattiva.

  1. Fornire Feedback ad ogni azione andrebbe fornito un feedback all’utente per comprendere l’esito delle operazioni, evidenziare eventuali tempi di attesa, inserire un indicatore di avanzamento (se gli utenti ottengono qualcosa di interessante da guardare durante l’attesa, presteranno meno attenzione all’attesa stessa) permettere un pull to refresh per rendere attivi gli aggiornamenti per l’utente.
  2. Notificare solo l’essenziale Le notifiche fastidiose, sono uno dei motivi per cui gli utenti disinstallano l’app, quindi è bene non sovraccaricarle con troppe notifiche push, ma solo con quelle strettamente necessarie.
  3. Personalizzare l’esperienza in app Non serve replicare l’esperienza di una pagina web su un app; infatti, è sconsigliato anche puntare ad un browser. Gli utenti si aspettano determinati modelli di interazione ed elementi dell’interfaccia nelle app mobili. Mantienere la coerenza visiva con la tavolozza dei colori, la tipografia e tutti gli altri elementi di design che devono trasmettere velocemente e facilmente le informazioni, pensando alle gesture in maniera saggia in base al target dell’app. Includere il nome dell’utente sullo schermo e nei messaggi è un modo semplice ed efficace per personalizzare. La personalizzazione dovrebbe spingere gli utenti verso i contenuti che stanno cercando e lontano dai contenuti per loro irrilevanti.
  4. Utilizzare una grafica empatica attraverso grafiche ed eventuali animazioni, è possibile rendere più “umana” l’interfaccia con elementi di design visivo familiari. Bisogna ricordarsi che immagini e contenuti sono connessi l’uno con l’altro ed è quindi importante allinearle con coerenza ed ordine.
  5. Nascondere e mostrare lo stretto necessario Limitare l’uso della tastiera quando possibile, ma rendere visibile la password durante il suo inserimento, può agevolare anche gli utenti più maldestri o gli schermi più piccoli.
  6. Permettere l’utilizzo dell’app Offline ovviamente poter utilizzare l’app anche offline è un vantaggio notevole sia per l’utente che per la visibilità del prodotto stesso.

In conclusione, tutte le informazioni e nozioni sulla UX possono essere strettamente legate al Design Thinking in ogni sua fase, come complementari, per questo è importante tenerne conto nelle varie fasi di realizzazione. Rappresentano delle linee guida per empatizzare, definire, prototipare e testare un prodotto già in funzione di rendere ottimale l’esperienza dell’utente e valorizzare l’app mobile che si vuole creare, in tutto il suo ciclo vitale, dal primo download all’ultimo aggiornamento disponibile.

 

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App Consultant

 

Quale modello scegliere per la propria organizzazione

Il contenuto è l’elemento fondamentale della intranet: i dipendenti accedono allo strumento principalmente per poterne usufruire.
Ma chi ne detiene la gestione?
Nel caso delle intranet spesso non esiste un owner unico, ma ve ne sono di interfunzionali… pensiamo a contenuti legati alle risorse umane piuttosto che quelli di natura tecnica o legislativa.

Ogni volta che si inizia un progetto di tale portata, il primo dubbio che assale il cliente è proprio questo, saremo in grado di alimentare la intranet? Avremo il tempo di aggiornate le comunicazioni?
Sarà possibile avere sempre informazioni ”fresche” per rendere interessante la nostra intranet?
Quante persone mediamente vengono coinvolte a livello redazionale?
Quante ore di impegno dobbiamo prevedere? Come possiamo gestire i flussi di aggiornamento?

Insomma la tematica non è banale e costituisce spesso una problematica da non sottovalutare.
La prima cosa da fare quando questi dubbi attanagliano i nostri interlocutori è questa, ovvero definire un modello di gestione contenuti.
Grazie ad esso si possono esplicitare ruoli, responsabilità, linee guida e processi afferenti al processo di redazione e pubblicazione. Inoltre si può condividere un piano redazionale che garantisca un aggiornamento costante e puntuale.

Ma quanti modelli di gestione contenuti esistono?
Come egregiamente spiegato dal NNgroup*, esistono tre modelli di gestione:

  • Centralizzato
  • Distribuito
  • Ibrido

Quale è il più efficace per la nostra intranet?

La scelta del giusto modello di gestione dei contenuti e organizzazione dipende da una varietà di fattori, tra cui le dimensioni della azienda, gli obiettivi della intranet (serve per connettere i dipendenti in uffici distribuiti o è pensata per supportare la produttività, vantaggi e notizie aziendali?) e la capacità del team proprietario dell’intranet.
Comprendere ciò che è necessario per il successo di ciascun modello può aiutare le organizzazioni a scegliere il giusto piano di gestione dei contenuti per il miglioramento dell’intranet e, in definitiva, dell’esperienza dei dipendenti.

Vediamo brevemente come sono caratterizzati i diversi modelli ed i loro vantaggi

Modello Centralizzato

In un modello di gestione contenuti centralizzato, un singolo team (o un numero molto limitato di team) è abilitato alla produzione, gestione e pubblicazione di contenuti sull’Intranet. Questo team centrale è spesso un team di comunicazioni interne o un team dedicato.
In un modello centralizzato, chiunque desideri pubblicare contenuti intranet, sia nella homepage che nella pagina di un reparto o team specifico, deve inviare una richiesta al team centrale.

Vantaggi

  • Tutti i contenuti hanno uno stile di comunicazione uniforme e il team, avendo visione globale della intranet, può proporzionare bene i pesi degli argomenti
  • Nessun contenuto indesiderato può essere pubblicato
  • La formazione sullo strumento di aggiornamento e pubblicazione è necessaria solo per un numero esiguo di persone

Svantaggi

  • Il team centrale deve essere quasi totalmente dedicato a queste attività
  • Il flusso di creazione di un contenuto si allunga dovendo passare da un numero esiguo di persone

Modello Distribuito

In questo modello la proprietà dei contenuti viene distribuita in tutta l’organizzazione. Spesso, un team centrale abilita solo “utenti” sul sistema di gestione dei contenuti e fornisce la formazione iniziale sullo strumento.
In questo modello i membri del team centrale possono essere delegati al solo controllo dei contenuti cross ( ad esempio news che provengono da diversi uffici) e possono dettare delle linee guida

Vantaggi

  • Aumenta il senso di coinvolgimento ed appartenenza visto che diversi utenti sono incaricati sul tema
  • Il flusso di creazione è più rapido visto che il team è allargato

Svantaggi

  • Viene richiesta una formazione più estesa al team: molti più utenti devono imparare ad usare la piattaforma di aggiornamento
  • Si rende necessario verificare l’uniformità dei contenuti sia a livello di volumi che a livello stilistico
  • La quantità prevale spesso sulla qualità

Modello Ibrido

In un modello ibrido, alcuni contenuti sono di proprietà di un team centrale, mentre altri sono distribuiti.
Al team centrale solitamente vengono delegate la home page, la gestione del menu e delle pagine di primo livello, le altre sezioni sono a carico del team distribuito.
Questo modello costituisce un buon equilibrio di libertà di creazione, coinvolgimento e qualità.

Vantaggi 

  • Controllo ponderato dei contenuti
  • Livello adeguato di fluidità del processo di pubblicazione

Svantaggi

  • E’ richiesta comunque una formazione estesa sullo strumento
  • E’ necessario un audit costante per garantire uniformità nella comunicazione

Quale che sia la scelta del modello, è comunque fondamentale quando si parla di contenuti sulle intranet tenere a mente questi aspetti:

  • Deve esserci una vision ed un team preposto a verificare la corrispondenza con questa vision
  • Non dimenticare mai di formare adeguatamente i team sia a livello tecnico che a livello “linguistico/comunicativo”
  • Il modello di governance deve essere conosciuto da tutti ed essere rispettato

Buon lavoro!

* Fonti: https://www.nngroup.com/articles/intranet-content-management/

 

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Modern Workplace Consultant

Portale Agenti Vendita: ottimizzare la user experience della forza vendita

Fruibilità dei dati per un’esperienza cliente migliore

Portale Agenti di vendita

Diverso tempo fa sono stata coinvolta nella progettazione di un portale dedicato agli agenti di vendita. Il mio coinvolgimento è stato da subito molto pervasivo e di questo ne sono stata felice: il cliente aveva chiaro quanto fosse importante l’aspetto della user experience nella riuscita del progetto.
Un raro caso in cui non ci fosse nessuno da convincere.

Lo scopo del Portale è quello di permettere agli agenti di vendita, non fidelizzati perché plurimandatari, di usufruire di schermate e cruscotti che gli permettano da subito di capire la propria situazione nei confronti della azienda committente (ad esempio raggiungimento del budget, delle provvigioni) ma non solo: avere chiara la situazione nei confronti del singolo cliente seguito, capire gli insoluti, le richieste pending, il tracking dell’ordine e quant’altro.

Anche l’aggiornamento informativo è molto importante: comunicare agli agenti le uscite di nuovi prodotti, e la dismissione di altri, le promozioni attive, i comunicati stampa permette migliori performance nella vendita.

La visualizzazione del dato

La soluzione ovviamente ha richiesto molte giornate di analisi tecnica e sviluppo per reperire i dati dal gestionale aziendale; ne ha richieste altrettante di user experience perché nel mare magnum delle informazioni, il colpo d’occhio e la facilità di fruizione è quanto il cliente ricercava.

I dati fruiti in realtà esistevano già, gli agenti avevano modo di accedervi, ma la difficoltà di reperimento e lettura inibivano il processo di lettura.

Abbiamo quindi disegnato diagrammi a torta, istogrammi, e tutto quello che potesse rappresentare al meglio graficamente un dato, cercando di ridurre al minimo la complessità.

Inoltre, essendo l’agente di vendita sempre in movimento, tutti i dati sono fruibili da mobile, in maniera rapida e sicura.

Un virtuosismo perpetuo: il potenziamento delle performance

Un progetto di questo tipo, se ben sviluppato e funzionante, ha il vantaggio di portare a diversi tipi di risultati per il committente:

  • Migliorare il rapporto con l’agente, renderlo più partecipe e coinvolto nel brand che rappresenta nonostante il rapporto non sia esclusivo.
    Avere sott’occhio costantemente i dati di budget, fatturato e provvigioni ha una azione “motivante” nei confronti dell’agente;
  • Essere costantemente aggiornati sui prodotti in uscita, le iniziative, il materiale disponibile permette di migliorare le performance di vendita;
  • Migliorare la conoscenza della situazione dell’agente nei confronti del singolo cliente: questo permette di gestire al meglio il rapporto e le situazioni complicate;

Il progetto è stato sviluppato su tecnologia SharePoint online, i componenti standard sono stati usati per la redazione dei contenuti testuali: per la parte di front-end tutto è stato personalizzato.
Pensiamo ad un progetto di questo tipo come ad un investimento commerciale: non ci sarà da stupirsi vedendone i risultati.

Modern Workplace Consultant

 

Test di usabilità - UX

Fare test di usabilità su una qualunque applicazione/progetto sviluppato deve essere attività mandatoria ormai: i problemi vengono sempre fuori, ma è nella logica del processo, diversamente ci sarebbe qualcosa di anomalo.

Spesso però le parti interessate, e qui mi riferisco sia al committente che al consulente UX, hanno dubbi se affidarsi o meno ai risultati dei test: “questi utenti sono pochi”, “questi utenti non sono realmente rappresentativi”, “questi utenti hanno un animo distruttivo e sono polemici”…e via di seguito alle motivazioni di inadeguatezza più disparate.

Manager e consulente si ritrovano a volte in stallo su questa tematica, che cosa possiamo fare allora per far “digerire” certe attività e di conseguenza i risultati?

Condividere da subito il significato e lo scopo dei test

I test di usabilità non riguardano le convinzioni o le preferenze: bisogna  scoprire come si comportano gli utenti nel contesto specifico dell’utilizzo di un particolare design per una determinata attività. Probabilmente vedremo le persone incontrare problemi inattesi: chiariamo da subito che lo scopo del test è concentrarci sulla risoluzione dei problemi e non far emergere inefficienze.

Ascoltare gli utenti è un punto chiave e quindi via libera a  riportare anche al management, coinvolto nel progetto, eventuali osservazioni dirette, citazioni e frasi degli utenti mentre testavano il “prodotto.”

Definire la tipologia degli utenti tester

La scelta degli utenti per fare i test deve avvenire insieme agli stakeholder del progetto in modo che siano riconosciuti da tutti come campioni veramente significativi.

Bisogna quindi definirne insieme le caratteristiche che devono possedere stando attenti a diversi aspetti:

  • età anagrafica
  • ruolo che ricoprono in azienda
  • rapporti con il committente di progetto
  • approccio caratteriale alle novità
  • precedente uso di applicativo analogo ( se esistente)

Definire la quantità degli utenti tester

Anche il numero degli utenti non deve essere “esoso”: su un campione di 5 utenti, se solo 1 di questi presenta un problema bisogna saperne valutare il contesto e capire se è significativo. Quanto è grave ciò che si è verificato? È davvero bloccante per raggiungere l’obiettivo?

Teoria e pratica devono andare di pari passo

Le teorie euristiche sono utili: se il problema riscontrato con un partecipante a un singolo test può essere facilmente spiegato con la teoria dell’usabilità esistente, è probabile che si tratti di un problema di usabilità reale e che quindi vada affrontato.

Se, d’altra parte, la teoria prevede che il progetto dovrebbe essere usabile e non causare problemi, allora è possibile che lo sfortunato partecipante al test fosse effettivamente “inaffidabile”.

Non si può decidere in via definitiva: il comportamento umano è così variabile e l’usabilità di un design dipende ulteriormente da una miriade di piccoli dettagli contestuali che non possiamo necessariamente considerarli nella loro totalità.

Detto questo non significa che la UX non ci può aiutare, anzi il consulente di solito ha una notevole quantità di esperienze personali, ricerche e intuizioni che costituiscono il vero valore aggiunto rispetto alla teoria e a test che di per sé possono non “comunicare”.

Importante è prevedere sempre di farli e non pensare di progettare le interfacce perfette perché questo non è possibile: se non si verifica mai nessun errore vuole dire che il consulente Ux forse è grande grosso e cattivo.

Modern Workplace Consultant

 

Usabilità, velocità e accessibilità multi-device

Lo strumento migliore? È quello che non ha bisogno di un manuale di istruzioni per essere usato, fin dalla prima volta. Purtroppo, in azienda non sempre è così. Anzi è forse vero il contrario: ogni dispositivo, ogni piattaforma, ogni applicazione ha proprie regole di ingaggio e interfacce utente peculiari. Per cui, non solo è complicato impratichirsi di tutte le funzionalità che ciascun software offre, ma è anche tortuoso passare da una schermata all’altra per gestire, per esempio, un intero ciclo tra i flussi documentali. Una situazione tipica nelle organizzazioni in cui le tecnologie si sono stratificate col tempo, sovrapponendosi senza integrazione per non dover sostituire le soluzioni più longeve – e non necessariamente obsolete – e riformattare tutti i processi. L’abitudine e la forza di volontà sono ottimi alleati in questi casi, tant’è che alle volte, paradossalmente, l’introduzione di suite più moderne e integrate vengono salutate con diffidenza – per non dire ostilità – dalla popolazione aziendale. Ad ogni modo, il dato di fatto è che strumenti slegati tra loro che offrono user experience disomogenee e che soprattutto limitano condivisione e collaboration sono il nemico numero uno non solo della produttività, ma anche della felicità in ufficio.

Come creare un ecosistema di applicazioni flessibile, stabile e coeso

Quanto sarebbe pratico avere un unico punto di accesso per tutti gli applicativi? E quanto sarebbe semplice poterli utilizzare tutti con la stessa gestualità, lo stesso linguaggio, lo stesso sistema di notifiche? Ogni operazione sarebbe facilitata, intuitiva, rapida, scorrevole e costituirebbe parte di un flusso omogeneo per muoversi nel quale non occorrono manuali e procedure standardizzate. Senza contare che uniformare l’usabilità e soprattutto l’accessibilità ai software aziendali permetterebbe di dare vita a un ecosistema flessibile, capace di espandersi e di accogliere, man mano che crescono le esigenze dell’organizzazione, nuovi strumenti in modalità plug-and-play. Un vero circolo virtuoso: in quest’ottica l’aggiunta di periferiche e applicativi, infatti, non farebbe altro che rafforzare e rendere sempre più stabile e coeso – anziché frammentario – lo stesso ecosistema. Il vantaggio sarebbe evidente anche nel momento in cui ci fosse la necessità, per gestire progetti di ampio respiro, di creare gruppi di lavoro multidisciplinari, con professionalità e competenze provenienti da diversi dipartimenti aziendali. Avendo a disposizione strumenti differenti, in grado di “comprendersi” e “dialogare”, il team ha l’opportunità di avviare in qualsiasi momento e in qualsiasi contesto collaborazioni transfunzionali efficaci in tempi estremamente rapidi.

Semplicità di utilizzo significa prestazioni, user experience omogenee e sicurezza

C’è poi naturalmente il tema della compatibilità delle suite per la produttività con tutti i dispositivi che l’organizzazione mette a disposizione delle risorse umane: PC, postazioni per il disegno tecnico, tablet, pannelli di controllo industriali, ovviamente smartphone e persino – sempre più frequenti specialmente nel mondo manifatturiero – wearable. Ogni device ha proprie prerogative e peculiarità, ma soprattutto specifiche funzionalità in ciascuno degli ambienti di lavoro a cui è destinato. È però fondamentale che riesca a comunicare in modo trasparente e immediato con i sistemi centrali e con gli altri supporti, garantendo prestazioni, user experience omogenee e sicurezza. La semplicità di utilizzo è il cardine su cui si innestano questi tre elementi, con particolare riferimento alla sicurezza. Mettere a disposizione della popolazione aziendale hardware, sistemi operativi e applicazioni facili da usare significa infatti evitare che, a causa di procedure o interfacce troppo complesse, gli utenti cerchino di aggirare la difficoltà d’adozione introducendo nel perimetro dell’organizzazione – tramite per esempio la pratica del Bring Your Own Device – dispositivi e software non conformi.

CEO – Amministratore Delegato

Personas e UX per gli Enterprise Portal

Una delle componenti più “astratte” della disciplina analitica della Ux è rappresentata dalle Personas: vediamo perché sono utili.

Una delle componenti più “astratte” della disciplina analitica della Ux è rappresentata dalle Personas. A chi non fosse noto, queste sono rappresentazioni fittizie, archetipi rappresentativi un gruppo di utenti target che mostrano atteggiamenti, obiettivi e comportamenti specifici in relazione ad un prodotto o servizio.

Dal momento che sono teoriche, non è raro che i clienti non le vivano in maniera attiva e non le considerino parte integrante della progettazione. Personalmente le ritengo molto utili a patto che vengano rispettati alcuni dettami nella fase di costruzione. Non possiamo appassionarci al concetto di Personas in quanto tale, ma dobbiamo effettivamente calarle nel contesto aziendale in cui intendiamo utilizzarle ed essere aperti a risultati inattesi.

Di seguito riepilogo alcuni aspetti secondo me fondamentali nel processo di creazione ed adozione delle personas.

  • Ideazione: è importante il modo in cui vengono concepite, non devono essere completamente astratte ma basarsi su dati oggettivi. Così via libera ad analisi su software di rilevazione dati ( ed esempio sui siti internet), database HR se si parla di progetti interni alle aziende, analisi etnografica se dobbiamo ideare un nuovo prodotto. Le nostre personas in realtà esistono davvero, basta solo identificarle analizzando l’esistente con occhio critico.
  • Creazione: coinvolgere gli stakeholder del progetto nel disegnare le personas è fondamentale affinché il cliente ne capisca l’utilità e continui a tenerle come punto di riferimento del progetto. A volte il cliente sorride quando gli fai certe domande, mi è capitato di doverne progettare alcune per progetti intranet dove capire lo stile di vita “fuori ufficio” dei dipendenti si è rivelata la chiave fondamentale per configurare adeguati servizi mobile. Alla fine il cliente ha capito perché gli chiedevo “mediamente quanti amanti del fitness ci sono nella sua azienda”.
  • Aspettative: avere specifiche rappresentazioni degli utenti ci porta lontano dal progettare per noi stessi e in disaccordo su ciò che il cliente vuole: bisogna quindi che il consulente di UX sia aperto mentalmente a progettare qualcosa di “non previsto” e che il cliente sia pronto ad accettare i risultati della progettazione anche se si scontrano con le proprie aspettative. Questo è forse l’aspetto più complicato da gestire nella progettazione: in pratica bisogna dire al cliente che la sua “idea” non era in fin dei conti proprio “mirata”.
  • Reiterare: non permettere mai che le personas svaniscano, anche se il progetto è stato disegnato. E’ necessario fare dei test conclusivi, capire come le personas in realtà si sono comportate. I dati quantitativi e qualitativi ci possono essere di grande aiuto per rendere oggettive certe scelte.

Ritengo quindi che l’utilizzo delle personas sia sempre funzionale se, come tutti gli elementi di ausilio progettuale, sia ben gestito. Percentualmente posso rilevare che, sui progetti da me seguiti, sono state usate in maniera non troppo rilevante.

Modern Workplace Consultant

Digital Transformation

La nuova user experience per comunicare e condividere

Sempre più liquide, sempre più dinamiche, sempre più frammentate tra smart working e mobility, le aziende più innovative sfuggono in molti casi alle definizioni canoniche di organizzazione. E non è solo una questione teorica: i nuovi assetti presuppongono una altrettanto nuova capacità dell’impresa di tenere in vita i flussi informativi in uno scenario nel quale comunicazione e collaborazione sono elementi fondamentali per far funzionare meglio il business e creare valore aggiunto per i clienti. È poi essenziale che in contesti sempre meno strutturati rimangano intatti – e anzi siano potenziati – i canali su cui passano le linee strategiche che si innervano in tutti i dipartimenti dell’azienda.

Spetta all’ufficio HR garantire che questi flussi non perdano efficacia. Gli strumenti tradizionalmente a disposizione delle Risorse umane sono lo sportello dell’help desk, le newsletter e la Intranet, a cui si possono aggiungere le iniziative speciali, oltre che gli imprescindibili programmi di formazione.

È evidente che le informazioni somministrate attraverso mezzi inadeguati rispetto alla rapidità della dimensione digitale non possono tenere il passo delle esigenze dei collaboratori. Soprattutto dei nuovi talenti, che si aspettano di trovare al lavoro user experience simili a quelle che ormai da diversi anni contraddistinguono, nella vita di tutti i giorni, il modo in cui si socializza, si dialoga, ci si confronta, si condivide.

Dalla Intranet al social business: la nuova user experience per comunicare e condividere

L’Intranet è uno strumento più moderno e flessibile di quanto si possa immaginare, a patto che venga progettata in modo da stimolarne adozione e utilizzo. Immaginarla alla stregua di un portale che evidenzia le principali novità come un bollettino statico o come una dashboard dotata di funzionalità base, con una logica one-to-many priva di una vera bidirezionalità della comunicazione, è sicuramente l’approccio meno efficace. Proponendola invece come punto di partenza per esplorare documenti e risorse, nonché per ricevere notizie con un formato accattivante, interattivo, e soprattutto offrendo agli utenti la possibilità di condividere facilmente i contenuti attraverso discussioni e forum, si può aspirare a trasformarla in una piattaforma di snodo e d’incontro per l’intera comunità aziendale. In altre parole, in un vero e proprio social network, ovviamente pensato per soddisfare in primis le esigenze del business e quindi fornito di tutti i connettori necessari a integrare le suite di produttività di ciascun dipartimento. Che si acceda da desktop o da smartphone, dall’ufficio o da casa, in riunione come a un incontro con i clienti, l’esperienza d’uso sarà sempre la medesima: intuitiva, semplice, appagante, proprio come accade sui vari Facebook, Messenger e Whatsapp.

Semplificare e potenziare i canali di comunicazione grazie all’intelligenza artificiale

L’altra via per favorire l’accesso alla conoscenza è quella dell’automazione. Sono molteplici le domande e le risposte che all’interno di un’organizzazione possono essere indicizzate per permettere agli utenti una rapida risoluzione dei piccoli e grandi dilemmi quotidiani senza dover interagire con un operatore umano. A raccordare il tutto ci pensa infatti l’intelligenza artificiale, che grazie ad applicazioni come i bot riesce a trasformare il patrimonio informativo aziendale in un bacino accessibile con il semplice linguaggio naturale. Si parlava poco più sopra di comunicazione bidirezionale: i bot sono la soluzione ideale per garantire un flusso continuo, 24 ore su 24, tra l’impresa e i collaboratori, che possono richiedere documenti, imparare nuove procedure, comprendere iter burocratici e policy aziendali, lasciando sempre un feedback sul servizio ricevuto. La flessibilità dell’intelligenza artificiale non sta solo nella user experience che offre, ma anche nella facoltà di installarla su qualsiasi piattaforma, come per esempio la già citata Intranet o la mobile app aziendale. Lungi dall’essere un mero modulo da agganciare agli strumenti già installati, l’intelligenza artificiale è un elemento che integrandoli ne semplifica l’utilizzo e ne potenzia le funzioni. Ma soprattutto ne alleggerisce la gestione per chi in azienda si occupa di help desk.